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INTERVISTA A ETTORE ANDENNA L'intervista di Francesco Morsilli per EuroFestival.it, agosto 2001
Arrivando sul posto e gironzolando come mia abitudine per cercare di entrare nell'atmosfera del sito, per poterla poi rivivere un po' nel mio commento.
La seguivo dai tempi di "Non ho l'età " della Cinquetti,(ndr. 1964) con passione, curiosità e tifo. Poi dai tempi della mia attività di DJ a Radiomontecarlo anche professionalmente in modo critico.
Che erano gli ultimi due programmi dell'Ebu, senza JSF l'Eurovisione deve giustificare una sua esistenza con tutto l'apparato ed i costi che ha dietro.
Io sono nato professionalmente in radio, come DJ quando in Italia i DJ non esistevano, quindi all'epoca con il grande Herbert Pagani, Robertino Arnaldi, Gigi Salvadori ci inventammo il DJ all'italiana. Conservo ancora il quadernino giallo su cui scrivevo titolo del disco, interprete, autore, intro musicale, inciso su cui infilare la voce senza mai coprire il vocalist. Fino ad allora non l'aveva mai fatto nessuno da noi (1967). Per cui ritrovarmi a commentare una gara canora era tornare indietro nel tempo ai miei interventi da sbarbato in radio e mi sono divertito molto... e quando uno si diverte davvero e dietro c'è un po' di professionalità di solito si diverte anche chi ascolta.
Che di tutta la delegazione italiana ero l'unico a parlare inglese con la responsabile della casa discografica di Ruggeri; che tutti si lamentavano per il tempo perché era il classico tempo uggioso primaverile irlandese, che io trovavo bellissimo perché era consono al luogo ed io adoro l'Irlanda; che con Enrico abbiamo trovato subito un punto di dialogo di altissimo livello culturale in cui eravamo preparatissimi, le disavventure dell'Inter; che quell'anno ho conosciuto la collega della Grecia Daphne Bokota, che due settimane dopo sarebbe diventata mia collega anche a Giochi senza Frontiere, trasmissione che la terrorizzava perché lei era considerata una colta, preparata quasi intellettuale, nonché direttrice marketing dell'ERT e una trasmisssione di giochini la lasciava quantomeno perplessa. E' stata una delle persone che hanno sofferto di più sul piano personale quando hanno fatto morire i Giochi perché l'atmosfera dell'Eurofestival noi con JSF la vivevamo tutte le estati per quattro mesi di fila.
L'Irlanda doveva vincere! E' la nazione che soffre meno il fatto di dover organizzare l'ESC.
Non si possono definire con certezza queste voci che diventano delle leggende metropolitantelevisive, di certo c'è sempre stata una sorta di terrore da parte di televisioni di "alto rango" di vincere l'Eurofestival perché questo avrebbe comportato il doverlo organizzare l'anno successivo e non c'era volontà di investire una discreta quantità di quattrini con la paura di un'audience non all'altezza. Sono cose che sanno tutti, ma guai a dirle, non ho mai capito perché. Forse è per questo che mi hanno buttato fuori dai giri di valzer.
Vedi risposta precedente. Ironicamente si potrebbe pensare che gli altri paesi non fossero molto contenti del comportamento dell'Italia e magari partecipando si rischiava che si mettessero d'accordo e ci facessero vincere. E poi in certi ambienti televisivi pochi funzionari e dirigenti si spostavano volentieri fuori dalle mura di casa.
Lo stesso staff delle precedenti manifestazioni, la struttura di Rai1 che faceva capo a Mario Maffucci.
Io ricordo che trascinato dall'entusiasmo delle varie quotazioni degli scommettitori inglesi, scommisi venti sterline sui nostri. Un'ora prima dell'inizio della manifestazione verso le 19.00 (da noi partiva registrata quando a Dublino ormai stava finendo, ma ovviamente io ero in presa diretta) provando i collegamenti internazionali con Roma, chiesi di parlare con il capostruttura e gli dissi : "Mario qui i bookmakers ci danno vincenti o nella peggiore delle ipotesi secondi". Ripenso con un sorriso al gelo dall'altra parte ed alla richiesta di conferma se stessi scherzando o meno. E quando confermai che perfino io avevo scommesso, il collegamento venne velocemente interrotto e mai più ripreso fino alla mezzanotte quando mi dissero che la tramissione stava venendo bene, che avevo buttato venti sterline, che anche i bookmakers possono sbagliare e bla bla bla. Mi è sempre rimasto il dubbio se standomene zitto e non facendomi trascinare dall'italico entusiamo non avrei fatto un favorone ai Jalisse.
Tutti pensano sempre che i commentatori delle televisioni in manifestazioni di questo genere vengano trattati come dei sultani, niente di più errato. Lo spazio è quello che è e dover far stare alcune centinaia di persone che commentano da mezzo mondo in un teatro con tutti i vari collegamenti, tecnici, assistenti, funzionari, dirigenti, infiltrati no perché c'era un controllo di polizia che non ho mai visto in vita mia, ma i poliziotti era più dei potenziali infiltrati eccetera eccetera insomma il mio posto e quello di ogni collega era un loculino pieno d'allegria tutto tappezzato di moquette nera sopra di fianco e sotto. Io avevo la fortuna di starci da solo perciò la mia utilizzazione d'aria era sufficiente, ma alcuni commentatori soprattutto dei paesi dell'est erano dentro in coppia se non addirittura in tre. In quel caso non era più una sauna, ma una camera a gas. Ed alcuni colleghi erano le grandi vedettes della presentazione dei loro paesi, quindi mal sopportavano questa collocazione e non lo mandavano a dire, ma tant'è così era e poverini subivano l'onta con continua estrema aria di riprovazione per quello che dovevano sopportare. E' stato l'ultimo anno che ho incontrato i colleghi più cari di JSF, la già citata Daphne, il portoghese superpoliglotta Eladio Climaco, gli amici dell'Eurovisione di Ginevra. Persone stupende che mi mancano.
Non esiste assolutamente copione. O meglio per noi no, a me è sempre stato lasciato libero arbitrio interpretativo sul commento da svolgere e nel '93 ricordo che sul Corriere della Sera venni ironicamente, ma bonariamente ripreso da Aldo Grasso per la stucchevolezza dell'inizio in cui decantavo le bellezze ed il clima dell'Irlanda nella più beata ovvietà come nei migliori commenti stile anni '60. Ma in quel momento mi venne così e così la dissi.
Non lo so, io ho girato quasi tutto il mondo tranne l'Australia, cosa che mi riprometto di fare prima o poi, non ho preferenze, ogni paese ha le sue caratteristiche ed io sono un curioso, l'Eurofestival in qualsiasi posto lo si metta è l'Eurofestival, un mondo che si autoricostruisce tutti gli anni in ambienti differenti, ma mantenendo le sue caratteristiche. Se devo scegliere quindi solo per il contorno direi paesi solari o gioiosi dove la gente si diverta, la Spagna, Il Portogallo (le Azzorre), la Grecia, il Meridione d'Italia, o anche paesi semplici dove la manifestazione sarebbe sentitissima, l'Islanda, Tunisia e se ampliassero le partecipazioni non ho dubbi il Madagascar, le isole di Capo Verde o sarebbero incredibilmente faraonici per l'entusiasmo il Giappone o la Cina.
Le due che ottennero da me i due commenti come dire più "salaci" furono nell'edizione del '97 la canzone dell'Islanda dove uscì un assolutamente improbabile maschione, non solo nelle movenze, circondato da varie gnocche gnocche del suo paese che atteggiandosi a Prince dei Geisers, con un testo la cui traduzione non ricordo, ma in sintonia con la coreografia, cantò e mimò un brano che dimostrava come non sempre in varie parti del mondo si deve avere successo con cose altamente qualificate o di grande spessore, è un fatto culturale, a volte bastano brani come quello, abbigliamenti come quelli e coreografie come quelle per essere considerati delle vedettes nelle proprie lande. Questa è una considerazione che ho sempre tenuto ben presente nei miei peregrinare per il mondo e mi è servita per capire molte situazioni anche difficili in molti paesi. L'altra fu la canzone austriaca, dove l'interprete sembrava uscita da una casa di piacere di una commedia cinematografica d'inizio secolo e fin qui non mi sarei mai permesso di dire alcunché, ma il testo era inequivocabilmente pieno di doppi sensi e riferimenti che non riuscii a trattenermi dal rimarcare in tono più o meno eurovisivo (tanto ero in onda dopo mezzanotte!).
Sapete che non ho mai indagato e benché mi sia definito un curioso francamente non me ne è mai interessato un granché perché non ero nell'organizzazione dell'evento ero solo il commentatore.
Non so gli altri commentatori, mentre facevo il commento potevo scegliere se avere nelle orecchie la linea inglese, la linea francese o la diretta. Io avevo in un orecchio la diretta e nell'altra la linea Andenna ovvero la mia voce, ma come sentii il brano il vecchio DJ fece un balzo, anni ed anni di "Let it be" tuttora il CD "ONE" fisso in macchina, non potevano non farmi riconoscere la ruffianata di Katrina, una volpe di questi concorsi ed una professionista esperta nel Regno Unito.
Quando sono sul posto i cantanti italiani si fanno prendere dall'ingranaggio perché comunque lì ci sono tutte le grandi case discografiche ed in certi paesi l'Eurofestival è ancora una trasmissione cult, io personalmente non sono d'accordo sul disinteressamento di una rete nazionale per una serata all'anno di un evento che comunque per molti ha rappresentato e rappresenterebbe il rispetto di una tradizione, ma oggi l'audience, dicono, detta legge. Io ho una teoria più drastica: che oggi dettano legge produzioni che fanno guadagnare chi le fa, le altre "non fanno audience". Se fossi proprietario o direttore di una televisione che me lo permettesse sono sicuro che farei successo con l'immissione di tutto quello che è stato abolito perché "tradizionale, ma non fa audience", anche se farei tacciato di qualunquismo culturale, primordialismo televisivo ed altre amenità di questo genere. Mentre oggi nessuno vieta di adoperare le nuove tecnologie e metterle al servizio della tradizione, ma questa è una mia utopia che spero di poter dimostrare prima di crepare o mi auguro prima o poi ci riesca qualcun'altro.
Anche se mando i miei figli regolarmente chi in America, chi in Gran Bretagna tutti gli anni perché devono imparare bene l'inglese per sentirsi in futuro persone del mondo, non sono d'accordo su questa decisione. Il bello è sentire proprio le differenze fra le differenti lingue ed interpretazioni che questo comporta.
Decisioni dall'alto. A volte il potere è in mano a persone che possono amare o non amare una cosa per differenti motivi, i più disparati e dato che hanno il potere lo esercitano. Negli ultimi dieci anni, dopo che la produzione dell'Eurofestival toccò all'Italia e non ebbe il successo sperato, da noi, ma secondo me non per colpa della manifestazione, dato l'alto costo dell'evento il responsabile si cosparse il capo di cenere e decise di seppellire sotto l'orda dei ricordi spiacevoli il tutto, sperando di non doversi più cimentare con qualcosa che potesse essere ricordato come un suo flop come dirigente. E' la politica dello struzzo suffragata da eminenti studi di marketing e di sondaggistica ad hoc o meno.
Magari! Ma se sono anni che non vengo neanche più invitato in una di quelle trasmissioni dove un'ospitata non si nega nemmeno al portiere del palazzo vicino, ritengo ben difficile che possa avere un simile piccolo potere. So che molti amici senza dirmelo, da tutta Italia, hanno telefonato o scritto emails alla Rai chiedendo che fine avessi fatto. Non hanno mai ricevuto risposta. Ormai credo di appartenere alla categoria "desaparecidos". Me ne dolgo, ma con moderazione perché non voglio morire dentro. Ricevo quotidianamente manifestazioni di stima ed affetto dalla gente per strada o dove mi capita di essere e poco tempo fa, una persona che stimo moltissimo, Aldo Grasso, mi ha detto:" Andenna lei che con il cognome che si ritrova dovrebbe essere un predestinato, sia ben felice di essere fuori da questa televisione!" Non sono propriamente ben felice, ma continuo ad essere fiducioso, anche perché negli ultimi anni ho cercato di acquisire dei punti qualità con persone che adesso hanno le leve del potere e pur essendo disincantato sulla riconoscenza aspetto di vedere cosa succederà a febbraio, contento di immaginare comunque di avere in voi un supporto. Un salutone ed a risentirci presto! |
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