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L'intervista a...
Salon de Provence (Francia) - Roma, 22/04/2003 In collegamento telefonico, l'ha intervistato per noi Sebastien Dias, coordinatore di JSFNET FRANCE (www.chez.com/jeuxsansfrontieres) Claudio Lippi è stato il conduttore italiano dei "Giochi" dal 1988 al 1990. Presentatore popolarissimo in Italia, è famoso per la conduzione di varietà e quiz di grande successo. Adesso è alla guida di "Eureka", un quiz in onda dal lunedì al venerdì dalle 20.00 alle 21.00 su RAIDUE. Con grande semplicità e simpatia, ha accettato di rispondere ad alcune domande, parlandoci dei suoi "Giochi senza frontiere"...
Per me è un grosso rimpianto. In Italia molte delle persone che mi incontrano rimpiangono "Giochi senza frontiere". Anno dopo anno "Giochi senza frontiere" rappresentava un grandissimo successo televisivo, in tutte le nazioni in cui veniva trasmesso. E si chiamava "Giochi senza frontiere" quando c'erano le frontiere, mentre adesso che potremmo farli davvero senza frontiere e adesso che l'Europa è quasi unita, i "Giochi" non ci sono più. E credo davvero che si tratti di una scelta sbagliata, perché è un programma pieno di curiosità, che permetteva di conoscere i posti più insoliti, difficili da raggiungere e quindi da visitare. E' una trasmissione molto felice, molto festosa, molto allegra. Da parte mia, e sicuramente da parte di molti telespettatori, c'è un grosso rimpianto, non capisco perché non ci siano più.
Ma oggi, sopratutto per quanto riguarda l'Italia, ci sono programmi che costano miliardi e che magari non ottengono buoni risultati, ne gli ascolti desiderati. Forse dovremmo pensarci, magari unendoci tutti e cercare di riproporre i Giochi alle nostre televisioni. Spero proprio che si possano fare di nuovo.
Stiamo riducendo molto il varietà in Italia, e credo che questa sia una grave perdita per la televisione italiana. Costano molto i varietà, però secondo me si potrebbero fare comunque, a costi più ridotti; basterebbe avere più idee. In Italia stanno ammazzando gli autori, spero che si tratti solo di una parentesi...
Una delle cose più importanti, oltre che più divertenti. Forse il programma più divertente che abbia mai fatto in tanti anni di televisione. Anche se è faticoso... nel senso che per farlo bene, bisognava non soltanto commentare quello che succedeva mentre le squadre giocavano: questo non era fatica, era la parte più facile, almeno per me, più divertente e meno faticosa. La fatica consisteva nelle trasferte, in giro nei vari paesi che ospitavano i Giochi; era cercare di conoscere, non soltanto le caratteristiche dei giocatori della propria squadra, nel mio caso l'Italia, ma anche di capire quali fossero le caratteristiche dei giocatori delle squadre avversarie, perché l'importante per me era sopratutto far vivere i caratteri delle persone che giocavano, senza dimenticare l'agonismo ovviamente. In quegli anni, c'erano la mamma, l'impiegato, l'atleta... era molto importante, per me, sapere i concorrenti delle altre squadre cosa facessero nella vita.
Nei Giochi che non ho condotto io perché ero passato in Mediaset, ho notato che c'era più preparazione atletica, più specializzazione. Invece noi avevamo il panettiere, l'operaio, l'insegnante, al massimo c'erano degli insegnanti di educazione fisica...
Hai sicuramente ragione: i Giochi erano belli se rimanevano dei giochi, se diventavano gare sportive, come sono diventate, perdevano il loro fascino. Io ricordo che i francesi e i portoghesi in particolare, si preparavano, si impegnavano, si allenavano tutto l'anno per arrivare all'anno successivo. Ma non come atleti: ci mettevano molta passione e molto cuore. Questo era bellissimo! E poi era un splendida occasione per dimostrare unione e amicizia. Io ricordo le feste dopo la trasmissione: molta passione durante i giochi, perché nessuno voleva perdere e tutti volevano vincere, ma alla fine non importava più chi avesse vinto o chi avesse perso... c'erano delle feste meravigliose! Magari non si capivano con la lingua, ma ti assicuro che ho visto nascere amori e amicizie. Un atmosfera bellissima.
Il ricordo più bello è questo, ma anche la grande ospitalità di tutti i paesi, di ogni città. La città si fermava, diventava una festa nazionale. Ricordo l'accoglienza, e i tanti regali che i sindaci delle città facevano ai conduttori. Ti assicuro che ho dei ricordi che nessun'altra trasmissione mi potrà lasciare. Ogni volta era un momento straordinario: lo dimostrava anche la passione che ci mettevano funzionari e dirigenti televisivi. Forse mi sbaglio, ma non penso proprio che ci sia stato, nella storia delle televisioni che hanno partecipato, se non ai Giochi, una passione così forte tra tutti quelli che vi lavoravano, persino gli operai che costruivano i giochi, con molta fantasia. C'era proprio tifo, la partecipazione sana, non violenta. E anche se c'era qualche litigio, qualche contestazione con gli arbitri, tutto si svolgeva sempre in un clima di grande amicizia... Per quest'atmosfera, ci vuole un programma come "Giochi senza frontiere" dove si cancellano le lingue, e quindi si riesce a creare un denominatore comune, che è il gioco, che può essere visto come gioco o come tifo... "Giochi senza frontiere" è stato quello che De Coubertin voleva per le Olimpiadi. Adesso lo sport è fatto di violenza, forse anche a causa dei soldi che vi girano intorno.
Sì, per esempio, le usanze e le caratteristiche del posto che ospitava la puntata: la cucina, la gastronomia... Il programma in se era una grande enciclopedia, da cui tutti potevano imparare, anche bambini e anziani. Non c'era un pubblico unico: lo potevano guardare tutti, secondo la propria cultura e i propri interessi. Alla fine dei Giochi rimaneva sempre qualcosa nella memoria.
C'era molta familiarità, non c'erano invidie... i Giochi erano fatti così bene, per cui ognuno aveva il suo compito per quanto riguarda la conduzione, ovviamente per il proprio paese. Però era molto bello perché ci si scambiava anche i ruoli, c'erano giochi che facevamo tutti insieme... Era questo che ci faceva divertire molto, più di tutto. Se ci si diverte, secondo me, il divertimento trasmesso arriva anche a casa in maniera più sentita.
Questi programmi avevano più idee che copioni. Il mio modo di condurre non prevede il copione. Non sono capace di recitare, preferisco una televisione non costruita, che racconti quello che succede in modo spontaneo. Anche in "La Sai l'Ultima", dove c'era con me Natalia Estrada, che mi prendeva un po' in giro in alcuni momenti della trasmissione, dove diventavo un po' la vittima, molto spesso chiedevo agli autori di non farmi sapere prima gli scherzi che mi faceva in diretta. Non si provavano. Mi sento molto più libero a improvvisare, piuttosto che costruire uno sketch. Preferisco la sorpresa, la spontaneità. Penso che anche il telespettatore francese preferisce un errore, una papera, una gaffe, che le cose perfette, precise, che sono un po' fredde di per se. Credo che il pubblico sia intelligente e sensibile, più maturo di quello che alcuni pensano.
Io credo che se la presenza femminile sia fatta di professionalità, va benissimo, per carità... Credo che non ci siano differenze. E' il modo con cui si usano le donne, almeno in Italia, che va criticato, perché credo che siamo andati oltre il limite. Non vedo perché debbano esserci donne in costume da bagno, quasi nude, per fare un balletto; se sono brave, posso anche stare vestite. La femminilità non è fatta di nudo, è fatta di eleganza. Speriamo che tutto questo sia una parentesi, perché poi alla fine la gente si stanca, e questo fenomeno non farà nemmeno più effetto. Abbiamo bravissime conduttrici. Leggendo sul tuo sito la lista dei conduttori, ho visto scritto Barbara Marchand, che era una bella ragazza, ma anche una brava professionista prima di tutto. Niente scollature... La coppia è una scelta, però non deve essere fatta usando la donna come immagine da calendario. Tra l'altro, si possono anche fare due donne o due uomini... l'importante è che ci sia complicità.
Sono passati tanti anni, e credo che quando le cose sono giuste, non hanno età. Quando c'ero io, i Giochi non erano così complicati come gli ultimi anni. Si è forse fatto un errore nel complicare i giochi, non c'era bisogno...
E come se si giocassero le partite di calcio sempre tutte in una sola città! Il bello dei giochi erano i profumi diversi dei vari paesi. In Francia, ricordo Nizza, Mégève sulla neve... "Giochi senza frontiere" non è un set cinematografico, non è uno studio televisivo: fa vivere un posto. Secondo me c'è stata troppa concessione all'Italia di fare tutto lei, anche se veniva fatto molto bene...
E' stato un grandissimo piacere. Salutami tutti i fans cortesemente. Ciao! (c) JSFNET FRANCE, Sébastien Dias, Aprile 2003. Un ringraziamento doveroso spetta a Claudio Lippi, per la sua grandissima gentilezza e la sua disponibilità, e a Paola Di Fonzo, dell'Ufficio Stampa di "Eureka", per aver permesso ed organizzato quest'intervista. |
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