INTERVISTA A MARIA TERESA RUTA
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L'intervista a...

MARIA TERESA RUTA

Carpi - Milano, 24/11/2006

Mai conosciuto persona più eclettica e talentuosa, egregiamente brava nel presentare, nel recitare, nel cantare; nel corso della sua carriera ha dato sfogo a mille doti. Grandi e piccini, uomini e donne, l'hanno conosciuta grazie al piccolo schermo che l'hanno resa celebre in cui ha presentato programmi sportivi, per famiglie, per ragazzi; per loro e per noi tutti ha presentato programmi quali "La Domenica sportiva", "Zecchino d'oro", "Uno Mattina", "Caccia al 13", "Uno per tutti", "Vivere Bene", "Ok, il prezzo è giusto!" e moltri altri ancora. In teatro debutta con Macario ma lavora anche con Gregoretti, Campanini, i fratelli Giuffrè ed attualmente con Gianfranco Gallo. Dal palcoscenico al set il passo è breve e così con piacere l'abbiamo ritrovata in soap e fiction di successo. Gli impegni televisivi sono comunque sempre stati al centro dei suoi interessi, rispetto ad un'eventuale carriera musicale, e che il canto rimane una passione l'ha manifestato duettando con artisti di calibro quali Nilla Pizzi e con il gruppo de "Las "Margaritas". Tornando al tema dell'intervista, ha presentato Giochi senza frontiere nelle condizioni e situazioni più diverse e disparate. Da sola, stabilmente ancorata a Budapest; al fianco del prode Ettore, a destra e a manca in giro per l'Europa; in dolce attesa e felicemente mamma. E' questo l'ha caratterizzata, il modo cordiale con cui si e' proposta a noi telespettatori dei giochi (forse più nel '92 che nel '97) ma sempre con quello "charme" di donna (e mamma) premurosa verso gli atleti, naufraghi di questo programma. 

Signora Ruta, come sa dopo l'edizione del 1999 JSF non è stato più trasmesso. Qual'e' il suo giudizio a riguardo?

Mi è dispiaciuto moltissimo. Proprio allora che si lavorava per un'Europa unita si è deciso di abolire il programma. Comprendo i motivi che hanno portato alla chiusura del programma ma a mio avviso si poteva procedere ancora per qualche anno.

Qual'è il ricordo più bello che ha della sua esperienza di conduttrice ai giochi?

Presentare Giochi senza frontiere la reputo un'esperienza entusiasmante. Il ricordo più bello risale alle puntate eliminatorie del 1992 a Casale Monferrato; ero in attesa del mio secondogenito, GianAmedeo, quindi in piena maternità. Ricordo che presentai una delle due puntate con un lungo abito nero che evidenziava il pancione. Qualche settimana dopo difatti mi ritrovai nelle isole Azzorre, per la finale del 1992, già mamma per la seconda volta.

E il ricordo meno piacevole invece che ha dei Giochi sa dirci qual'è?

Il ricordo meno piacevole che ho del programma è legato ad ogni puntata in cui la squadra italiana non raggiungeva buoni piazzamenti, come nel caso di Cogne a Karlovy Vary, in Repubblica Ceca, per finale del 1993; dopo tre giochi avevamo 3 punti o poco più. In secondo luogo ero dispiaciuta che tutti i giochi ed i costumi, per lo più delle puntate italiane, venissero distrutti dopo la registrazione piuttosto che concessi a chi ne facesse richiesta quali enti a scopo benefico o strutture come ospedali ed asili, sebbene io in prima persona mi ero proposta di occuparmi del trasporto e della distribuzione. Se questi all'epoca fossero stati conservati e messi all'asta, tramite un servizio odierno quale potrebbe essere E-bay, sono certa che avrebbero riscosso enorme successo.

C'è una puntata che ricorda con particolare piacere per la scenografia, i giochi, i costumi o l'ambientazione?

Ricordo le due puntate eliminatorie di Casale Monferrato del 1992; le scenografie ed i giochi erano opera di Armando Nobili che ritengo un grande professionista. Una delle due puntate aveva come tema l'arte pittorica ed i suoi esponenti. Grazie alla maestria di Nobili i giochi rappresentavano in modo fedele opere di Dalì, Mirò, Picasso, Kandinsky e molti altri ancora. Ma anche a Passariano l'impatto visivo era notevole.

Come si è trovata a lavorare al fianco di Ettore Andenna? Era solo apparenza o c'era veramente molta sintonia fra voi?

In effetti non sempre c'era sintonia. Lo reputo un bravo presentatore ed un grande professionista, poliglotta, ma non sempre si calava nell'atmosfera dei giochi o meglio, lo faceva nelle vesti di capitano e non di presentatore; se una squadra non otteneva il punteggio ed il piazzamento desiderato si accaniva contro la squadra mentre io li sostenevo e li incoraggiavo. A volte prevaricava ed era un po' troppo filo-autoritario. Penso dovrebbe essere più pacioso; ciò lo renderebbe più simpatico, umano e lo avvicinerebbe più al pubblico.

Nel gioco dei presentatori se la cavava egregiamente facendo vincere le nostre squadre a differenza di Ettore che aveva sempre il fiatone. Le sarebbe piaciuto gareggiare come atleta?

Abbiamo un'età differente ed in più ho fatto agonismo per parecchi anni, la differenza sta in questo. Seguivo i giochi dagli anni '70 e quindi già dai tempi in cui a condurre i giochi c'erano Rosanna Vaudetti e Giulio Marchetti; da sempre mi sarebbe piaciuto partecipare come concorrente. Due decenni dopo mi sono ritrovata a condurlo per cui è stato comunque coronare un sogno e quindi realizzare un desidero. Sempre da telespettatrice ricordo in video l'autorità di Guido Pancaldi che con grande piacere ho rivisto e conosciuto personalmente nel '97.

Pensa che la decisione di far disputare le gare in un'unica sede abbia influito sulla sorte dei Giochi?

Non penso che questa scelta abbia inciso sugli ascolti e quindi sulla sorte del programma. La scelta di far disputare le gare in un'unica sede è stata effettuata per ottimizzare i costi e quindi per evitare sperpero di denaro. Spagna e Portogallo ci hanno insegnato che si possono fare grandi cose con pochi soldi contrariamente alla linea italiana in cui la creazione dei giochi e della scenografia richiedevano investimenti ingenti. Nonostante gli altri paesi cercassero di copiarci i giochi italiani restavano inimitabili per ingegno e sfarzosità.

Come reputa la scelta della diretta dalle piazze italiani con Marco Presta e Antonello Dose?

A mio avviso è stato un esperimento simpatico, forse lievemente prematuro. Il grande successo ottenuto in radio con "Il ruggito del coniglio" li ha consacrati alla prima serata, ma la comicità e l'ironia non sono doti indicate per un programma come Giochi Senza Frontiere. Sono alla base di programmi come quelli della Gialappa's quali "Mai dire Banzai" o "Mai dire Gol", ma non per i Giochi in cui le squadre si allenavano duramente e con impegno per cimentarsi in giochi a volte difficili, dove la telecronaca era giusta che venisse fatta in modo serioso.

Nel 2007 i giochi ritorneranno con o senza la RAI. Se le proponessero di presentarlo nuovamente, accetterebbe?

Moltissimo, ne sarei felice.

Tornando al 1997, quali differenze ha trovato nello spirito dei Giochi rispetto alle edizioni presentate con Andenna?

L'importante era comunque partecipare. Sebbene tutte le squadre si allenassero duramente, molte città schieravano veri e propri atleti mentre altre città o squadre schieravano concorrenti che non sempre erano preparati in modo agonistico; per cui molte grandi città, famose e importanti, a volte non ottenevano il risultato sperato semplicemente perché non schieravano atleti professionisti.

Oltre ad essere una brava presentatrice è anche una mamma molto presente e premurosa. Come conciliava lavoro e famiglia durante i giochi?

Cerco di essere molto presente con i miei figli ovunque vada, a volte portandoli con me, come nel caso di Budapest nel '97, mentre quando presentavo "Uno Mattina" era più difficile stare con loro poiché il programma andava in onda dagli studi di Roma mentre i miei figli andavano a scuola a Milano, ancora più difficile è stato partire per l'Isola dei Famosi e stare lontano da loro per più di un mese.

L'esperienza dell'Isola come l'ha cambiata? E come mai ha deciso di partecipare?

Fino a pochi giorni prima della partenza presentavo "Uno Mattina"; mi svegliavo alle 4.30 per essere più o meno pronta per le 6.40, ho dovuto lasciare il programma e partire per Santo Domingo. L'ho fatto perché volevo fare un'esperienza estrema e poi ero attratta dall'idea di partecipare al primo reality show della Rai. Dall'isola sono tornata più fragile ma non mi sento cambiata, ho cercato comunque di restare sempre me stessa perché sapevo che i miei figli erano davanti alla tv a guardarmi e non volevo deluderli e fargli vedere una mamma diversa da quella che loro conoscono. La reputo una bellissima esperienza anche se un po' estrema, essendo la prima edizione ci siamo sentiti abbandonati e quando ci siamo resi conto della reale mancanza di cibo, dovendoci arrangiare per sopravvivere, le telecamere sono diventate ai nostri occhi invisibili; non erano commestibili ed in quanto tali avevano perso ogni interesse ai nostri occhi. Nelle edizioni successive i concorrenti sapevano a cosa andavano in contro ed essendo prevenuti per loro tutto è stato più facile e l'impatto meno traumatico.

Vuole anticiparci quali saranno i suoi prossimi impegni lavorativi?

Sono tornata a calcare le scene teatrali (nel 1980 debutta come attrice di teatro nell'allestimento in chiave comica de "La bisbetica domata" di William Shakespeare, curato da Macario, N.d.R.). Attualmente sono in teatro con una commedia dal titolo "Non ci resta che ridere", di e con Gianfranco Gallo.