INTERVISTA A MAURO SERIO
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L'intervista a...

MAURO SERIO

San Felice sul Panaro - Roma, 14/01/2003

Dopo i "giochi" del 1999 l'avevo rivisto pochissime volte in TV: ha presentato egregiamente, insieme a Flavia Fortunato, le ultime due edizioni, grazie alle quali ho cominciato ad apprezzarlo e a stimarlo come presentatore. Una persona spontanea ed eclettica, la cui bravura traspare anche in teatro, e non solo nei teleschermi. Mi chiedo cosa stia facendo adesso, quali programmi abbia in serbo. Così contatto tramite e-mail l'agenzia che cura la sua immagine (C.D.A. Studio Di Nardo, n.d.r.) mi presento, e chiedo cortesemente di avere un suo recapito per poterlo contattare: su suo consenso mi viene dato, e così lo chiamo, molto discretamente. Emozionato come pochi, mi presento e gli parlo del nostro fan club. Mi aspettavo di fare delle domande e di ricevere delle risposte, e invece no, niente di tutto questo: la domanda è solo uno spunto da cui prende vita un piacevolissimo discorso, un dialogo che si intreccia con aneddoti e retroscena.

Giochi senza Frontiere come sa è stato abolito dai palinsesti di tutta Europa: qual'è il suo giudizio a riguardo, le dispiace che non ci sia più?

Si, mi dispiace immensamente, era un programma valido e senza troppe pretese. Io lo considero un programma in anticipo sui tempi, che ha unito l'Europa e che è venuto a mancare proprio adesso che l'Europa si è finalmente consolidata.

Qual'è il ricordo più bello che ha di Giochi Senza Frontiere?

Condurre Giochi Senza Frontiere è stata un'esperienza esaltante: il ricordo più bello che ho è forse il clima di fratellanza che si respirava nonostante le diverse provenienze e la competizione che si è instaurata fra le varie squadre fin dalle prime puntate.

E quello meno piacevole, invece?

Beh, le registrazioni duravano parecchie ore, a volte diventavano estenuanti ma solo per i tempi morti che vi erano tra due manches e tra un gioco e l'altro: a volte finivamo le riprese a notte fonda.

Prima di approdare a JSF ha condotto programmi per ragazzi, molti la ricordano grazie a "Solletico": quali differenze e quali similitudini ha trovato tra i due programmi?

Il modo di propormi al pubblico non è cambiato. In entrambi i casi il "gioco" faceva da padrone, anche se rivolto a ragazzi nel primo caso e a persone un po' più grandi nel secondo, è questo il filo comune: a "Solletico" i ragazzi giocavano con lo stesso impegno dei grandi, mentre a "Giochi senza frontiere" gli adulti si divertivano a giocare come se fossero dei bambini. Mi ha stupito ritrovare negli adulti le stesse emozioni che a "Solletico" era tipico dei bambini, come l'entusiasmo per una vittoria o il pianto e il disappunto per una prova non riuscita. La differenza? Nessuna, quando si gioca si dimentica l'età.

Ma lei non ha solo lavorato in televisione, ha alle spalle esperienze teatrali e cinematografiche, non è così?

Il mio debutto televisivo risale ad un programma che si chiamava "Amici Mostri" su TMC, quando ancora non era un'emittente televisiva a diffusione nazionale. Di li a poco sono approdato in Rai alla conduzione di "Che fine ha fatto Carmen San Diego?" e l'anno successivo a "Solletico". E' vero, vanto anche delle esperienze teatrali e, più recentemente, anche cinematografiche: in passato ho studiato danza classica e moderna, la commedia dell'arte e l'uso delle maschere.

Quali erano da ragazzo, o quali sono oggi giorno, gli ideali nel suo lavoro?

L'ideale per me è rappresentato da attori e cantanti con esperienze teatrali, musicali, non solo conduttori: gente completa, in pratica.

Aveva dei beniamini da ragazzo? Dei modelli di riferimento, personaggi a cui si ispirava e che cercava di imitare?

Si, tutt'ora. Da ragazzo il mio idolo era rappresentato da Marlon Brando: nel corso degli anni poi ho cominciato ad apprezzare personaggi come Gene Kelly, Ginger Roger e Fred Astair. Tra gli italiani invece i miei modelli rimangono Walter Chiari, Lelio Luttazzi e Johnny Dorelli.

Tra le due da lei presentate, qual'è l'edizione che ricorda più volentieri?

Quella di Trento, nel '98. Ero al mio debutto in prima serata e l'emozione era altissima: tuttavia era alleviata dallo staff e dalla troupe dei "giochi", che conoscevo già, avevo lavorato con loro a Torino in passato, e quindi c'era un clima familiare. Ma il ricordo è vivo anche per il successo ottenuto: in quell'edizione ottenemmo degli alti indici di ascolto. A Le Castella nel '99, invece, il clima era ben diverso: si lavorava con la consapevolezza che non ci sarebbe stata una trentunesima edizione.

Secondo lei, attualmente, i giochi possono rinascere sul piccolo schermo?

Giochi senza frontiere, si sa, è il programma più costoso in assoluto, e alcuni paesi, come il Portogallo, non erano più in grado di affrontare costi così elevati. In altri paesi, è anche questione di audience: se non si raggiungono gli indici di ascolto, non si ha motivo di partecipare. 

Come si è trovato in coppia con Flavia Fortunato? C'era molta sintonia tra di voi, non è così?

E' verissimo, infatti siamo rimasti in buoni rapporti: siamo grandi amici. Flavia nasce come cantante ma ha alle spalle esperienze televisive, come il "Cantagiro". E' una grande artista, un'artista completa: tra noi c'era molta sintonia si, eravamo affiatati e dinamici, e questo credo che trasparisse. Spero di poter nuovamente lavorare con lei.

Se JSF nel 2000 fosse stato trasmesso, ne avrebbe accettato la conduzione?

Senz'altro si, quella dei "giochi" la giudico un'esperienza stimolante. Avrei accettato anche se, probabilmente, in cambio di alcuni presupposti.