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L'intervista a...
Carpi - Vicenza, 01/06/2007 Pausa. Di "volti noti", presentatori ed affini, legati catodicamente a "Giochi senza frontiere" ce ne sono tanti, e grazie a queste interviste, gentilmente concesse (via e-mail, al telefono o dal vivo) ne abbiamo conosciuti tanti. Ma a volte chi presenta e li per fare il proprio lavoro, il più delle volte chi è più coinvolto nei giochi, oltre ai concorrenti stessi, è chi sta seduto in tribuna, a fare il tifo. Oppure a casa, a fare il tifo. E quelli che "praticano" in tutte le puntate sono davvero tanti, a volte si tratta di sano campanilismo, altre di inebrio dovuto alla sigla, ai colori, ai giochi o ai pupazzi in gommapiuma. Sono quelli che dal giorno in cui assistono ad una puntata dei giochi, per zapping o per volontà, non ne hanno mai persa una, li stessi che le registravano se non potevano vederle "in diretta". Questo per dire che a volte, il più delle volte, i veri fanatici dei giochi sono dei volti anonimi che nel proprio salotto di casa non perdono una puntata dei "giochi" e che non si limitano ad essere semplici telespettatori, troppo restrittivo, ma persone che si documentano sul passato, sul presente e sul futuro del programma. Accrescendo in se una passione ed un interesse tale che in qualche modo bisogna manifestare. Questo è il caso di Gianni Magrin, che ha sprigionato la propria passione per i "giochi" in un libro: "Giochi senza frontiere. Trent'anni di Giochi", con centinaia di foto, dozzine di testimonianze, migliaia di aneddoti. E poi storia, risultati, curiosità, personaggi, tutto ciò che un sano fanatico dei "giochi" sa e che grazie al libro deve sapere.
La passione per i Giochi. Una cosa del genere la si fa solo per passione.
Ricordi d’infanzia. Da bambino guardavo i Giochi con la famiglia ed era festa. Da bambino inventavo o copiavo i giochi visti in TV e li sperimentavo con i cugini, gli amici ed era festa. Così iniziai a collezionare le foto delle squadre italiane che partecipavano ai Giochi: Chioggia, Aosta, Roma, schedandole assieme alle foto dei campioni del calcio, il mitico “Spillo” Altobelli, Bordon, Oriali (da bravo interista), i campioni del ciclismo (il diavolo e l’acqua santa Moser-Saronni), dell’atletica (Mennea, Simeoni), dello sci (Stenmark e Thoeni). Nel giro di pochi anni riuscii ad avere le foto di tutte le squadre italiane che parteciparono ai Giochi dal 1979 al 1982.
Quando nel 1988 cominciò la seconda serie del torneo scoprii con stupore e sorpresa che la passione per i Giochi non era finita. Tirai fuori, perso in mezzo a pile di libri e quaderni, l’agenda con le foto delle squadre della mia infanzia e così il “libro-agenda” si arricchì di nuove immagini. Questa passione trovò conferma definitiva in me da quando assistetti per la prima volta dal vivo ad una finale dei Giochi: quella di Treviso del 1990. Entrare nel campo di gara di Treviso in mezzo a scenari leggendari, castelli fantastici, labirinti, teatri e maschere mi sembrava di fare accesso in quel mondo interiore, un po’ bambino che abita in ognuno di noi, costellato di mille desideri. Fu proprio in quella sera che ebbi l’intuizione di voler conoscere dal di dentro i Giochi. La prima pagina del libro era scritta.
No. Confrontandomi con alcuni amici scelsi la via più difficile da percorrere, ma certamente la più gratificante. Decisi, allora, di non chiedere nessun aiuto alle emittenti televisive europee, nemmeno alla Rai. Cominciai a telefonare ai capitani delle squadre citati nelle didascalie dei settimanali, l’altro canale concretamente operativo era quello di scrivere ai comuni, biblioteche, Aziende Turistiche delle città italiane ed estere che parteciparono alla trasmissione. Così feci e con gran sorpresa fioccarono telefonate, lettere con foto, fotocopie degli articoli di giornale da tutta Europa. Dimenticavo, avevo concentrato la mia ricerca di materiale essenzialmente sulla prima serie (1965-1982), visto che della seconda (1988-1999) avevo già parecchie cose.
Direi proprio di sì. Sopratutto con atleti e comuni di Gran Bretagna, Francia, Belgio, Germania, Svizzera, Olanda. E’ stato interessante costatare che in alcune città ex atleti sono diventati sindaci, come ad Arbois, oppure consiglieri comunali, e c’è stato chi, come a Codroipo dopo aver organizzato le edizione dei Giochi del 1972 e del 1993 ha voluto la presentazione del libro nella propria città.
Ho tanto di quel materiale – il più ancora da catalogare - , da poter allestire una mostra. Non le ho mai contate ma penso di arrivare all’incirca a 1000 foto, alcune veramente introvabili delle primissime puntate. Ho moltissimi articoli di giornale, schemi dei Giochi. Grazie ad un signore di Camogli possiedo tutti gli schemi della prima puntata italiana dei Giochi! Pensa, una volta mi è arrivato un pacco dalla città inglese di Ashington smisuratamente enorme con tanto di foto, provini degli atleti, articoli di giornale, prove delle gare, schema giochi, biglietto d’ingresso della puntata, pettorale rosso con la sigla “GB”, ecc.
Non c’è ombra di dubbio! L’incontro personale con atleti, allenatori, alcuni dirigenti dei Giochi. Con qualcuno si è stretto un legame amicale, confidenziale ed è grazie a questo qualcuno – che poi sono in molti - che è nato il libro. Fatto sta che il primo capitolo del libro ad aver trovato la sua fisionomia e ad essere completato è quello che troviamo per ultimo nel volume: le testimonianza.
D'altronde cos’è che da senso alla vita se non vivere relazioni vere, forti e significative? A distanza di qualche anno dalla pubblicazione così amo definire questo lavoro: un mosaico interattivo di storie, di eventi, di persone in continua interpretazione. Forza dell’ermeneutica. In questo lavoro c’è chi ha dato molto, crede ai Giochi e a un loro rilancio. C’è chi attraverso i Giochi trasmette valori forti e noi procediamo verso questa strada.
Non è facile rispondere a questo, citare qualcuno significa sempre tralasciare qualcun altro e non è mia intenzione. La prima persona che ho conosciuto è stato Luciano Gigante, produttore italiano dei Giochi di tantissime edizioni sia della prima come della seconda serie, divenuto dal 1989 Presidente del Comitato Internazionale dei Giochi. Gli scrissi alla Rai nel 1990, ma lo incontrai personalmente solo al termine della finale di St. Vincent l’anno dopo. Erano le 2.00 di notte quando, superando alcuni “scudi” umani, mi precipitai negli studi Rai allestiti allo Stadio di St. Vincent e lo incontrai faccia a faccia: come mi presentai egli si ricordò subito di me, delle due lettere inviategli. Fu un bel momento, mi diede alcune indicazioni per come gestire questa mia passione e mi accompagnò fino all’albergo. Da quell’incontro nacque la nostra amicizia. Altre persone care che non posso non citare sono Popi Perani, scomparso qualche tempo fa, ma che credeva fortemente alla realizzazione del libro, il giudice Guido Pancaldi, con lui ho avuto l’onore di parlare dei Giochi e del libro all’Università di Lugano presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione, Ettore Andenna compagno di viaggio nelle presentazioni del libro, sua è la prefazione di Giochi senza frontiere. Trent’anni di Giochi, il giudice Pino Trapassi che ringrazio per le foto che mi ha fatto pervenire.
Non c’è dubbio, Rosanna Vaudetti. L’ho conosciuta troppo tardi, solo per telefono grazie ad un signore di Terrancina che nel 1968 portò la sua bellissima città ai Giochi.
La prima che ho visto dal vivo, la finale di Treviso.
Per forza di cose a Treviso. Si intitolava “il castello degli Ezzelini”. Lo sfondo scenografico ritraeva un castello imponente, con tanto di cornicione e di fossato, il tutto condito di effetti speciali: lampi, tuoni, vento e bufere di neve. Un concorrente con tanto di palla al piede doveva liberarsi camminando sul cornicione del castello senza essere atterrato dagli idranti, dai sacchi di farina, dalle secchiate "d’olio bollente" e da due pipistrelli giganti mossi dalle castellane avversarie. È stata la gara più bella e faticosa che ricordi: nessuna squadra portò a termine la prova, tutti i ragazzi caddero uno dietro l’altro nel canale incriminato. Treviso, JSF 1990: "Il castello degli Ezzelini"
L’edizione del 1998 a Trento. Fui presente a metà delle puntate come ospite intenditore dei Giochi.
Al termine di una eliminatoria di Trento, il direttore della TV locale mi gettò con tutta la sua forza (visto la sua statura e imponenza sembravo Davide contro Golia) nella piscina del gioco delle galline ricolma di schiuma. Il peggio venne dopo … non avendo nessun cambio a presso, si mise d’accordo con le sarte di farmi indossare la tuta della squadra slovena di colore fucsia. Ai Giochi capita anche questo.
Ritorno ancora là: le persone. Ringrazio tutte quelle persone che hanno creduto in me, si sono fidate e insieme abbiamo fatto qualcosa. Mi dispiace per tutti quei volti anonimi che ogni tanto mi contattano e mi scrivono e che non ho la possibilità di raggiungere.
So che in ogni città mi aspetterebbe qualcuno, non è bello?
Pensavo anch'io ad un felice ritorno dopo 8 anni di profonda letargia. A molti telespettatori mancano i Giochi. Ma credo che all'EBU siano mancati gli agganci sia con le grandi televisioni, sia con Bruxelles, ma in questo non mi addentro, perché sono solo mie semplici supposizioni. Ma verrà il giorno in cui qualcuno saprà osare quel qualcosa in più... e allora tutta l'Europa, tutte le emittenti televisive rimarranno meravigliate che nel terzo millennio ancora una volta i Giochi sanno stupire e divertire persone di tutte le età.
Di ritornare un po’ alle origini nello stile e nella condivisione. Nei primi anni, scenografi, registi, ecc. si aiutavano davvero! E poi i Giochi sono nati itineranti, e così devono continuare, un po’ come i giovani, sempre in cammino! Un’idea: non sarebbe male lo svolgimento di una puntata con collegamenti in sedi completamente diverse.
Un’unica puntata natalizia - super coppa invernale di JSF -, che si svolge in tre luoghi differenti, ma in collegamento tra di loro. Idealmente, Isole Azzorre per ricreare gli ambienti marini, Cervinia per le piste da sci e Parigi per lo stadio del ghiaccio allestito nel cuore della città. Poi, visto la tecnologia avanzata farei partire il fil rouge in una sede e, in diretta, lo farei continuare in una seconda località per terminare in una terza. Tenendo l’esempio delle tre sedi di prima, se si fa partire il fil rouge e il conteggio cronometrico nella piscina delle Azzorre, una volta che l’atleta avrà attraversato la piscina e compiuto la sua tappa, la linea passerà direttamente a Cervinia con il cronometro che scandisce il tempo, dove un secondo concorrente discenderà la pista innevata e terminerà la sua gara; così si ripeterà a Parigi dove il cronometro verrà bloccato al termine della prova sui pattini. Più complicato a dirsi che a farsi.
Una puntata amarcord (anche solo italiana) dei Giochi con tutti i presentatori, proponendo le scene più esilaranti e più significate della Kermesse.
La finale di Verona del 1970. E’ stata un’impresa titanica trovare le foto!
A tutti pace e ogni bene. Ciao! |
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