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CARTOLINE D'ITALIA

- Le città
d'Italia -
In questo
mese:

Bosa
Di
origine preistorica, scalo fenicio, colonia cartaginese e poi centro romano, andò
in rovina verso i secolo IX-X per via delle incursioni saracene. Tra la fine del
secolo XII e gli inizi del XIII fu eretta a sede vescovile e dal 1308 passò dai
Malaspina ai giudici d'Arborea che la cedettero agli Aragonesi (1323). Durante
la dominazione spagnola fu feudo dei Moncada e nel 1556 fu aggregata alla
corona. Dal 1807 al 1821 è stata capoluogo di provincia. Unica cittadina sarda
dotata di un porto fluviale, sorge prima della foce del Temo, in una bella conca
a qualche chilometro dal mare, tra Alghero e il promontorio del Sinis. Il
centro, costruito sul pendio di un colle, ha origini antichissime, e conserva
tracce fenicie e romane. Percorso da una serie di stradine tra il fiume e il
colle, il borgo è dominato dal castello dei Malaspina, di cui restano la
panoramica cinta muraria. Poco fuori dall’abitato, sulla riva del Temo, sorge
la chiesa romanica lombarda di S. Pietro extra Muros, con un nucleo del sec. XI
e interessanti interventi architettonici dei secc. XII-XIII: la parte centrale
della chiesa risale al sec. XI, mentre la facciata, in stile gotico, fu aggiunta
nel 1200. Oltre alla chiesa di S. Pietro, Bosa conserva il castello di
Serravalle (secolo XII-XIII), uno dei più interessanti e grandiosi dell'isola.
L'economia si basa sulla produzione agricola (olive, uva, ortaggi, frutta e
sughero), l'allevamento, la pesca e l'artigianato del ricamo. Il turismo
balneare è diffuso a Bosa Marina.

Moena
Villeggiatura
estiva e sport invernali sono l’attrattiva di questa località all’inizio
della Val di Fassa adagiata in un fondovalle percorso dall’Avisio. Orti e
frutteti si alternano a declivi erbosi incorniciati da boschi con, sullo sfondo,
i gruppi del Sassolungo e del Catinaccio. S. Volfango vi ha dedicata una
chiesetta medievale con affreschi di gusto popolare del ‘400. Al passo di San
Pellegrino, poco distante, si può sciare o effettuare passeggiate in una bella
sella prativa. L'economia si basa sulla produzione di patate, ortaggi, sulla
lavorazione del legno, frutta e foraggi.

Montorio
al Vomano
Montorio
al Vomano è uno dei paesi più interessanti e più ricchi di storia della
provincia teramana. E' situato a 15 km da Teramo ad una altitudine di 264 m
s.l.m. e la popolazione è di 9000 abitanti. Il suo territorio è in montagna
per piccola parte, per la maggior parte in collina ed in pianura, importante
centro artigiano e commerciale è situato all'imbocco dell'Alta Valle del
Vomano. Posto sulla sponda sinistra del fiume, ha l'aspetto di un anfiteatro
con più ordini di case situate a scaglioni. Si divide in due parti: quella
alta è situata sulla cima della collina e forma l'antichissimo paese il cui
caseggiato si estendeva sino alla vecchia strada principale detta Beretra. La
parte bassa è identificata nel borgo risalente al XIV e XV secolo. Verso la
metà del XVI secolo sia il vecchio che il nuovo borgo furono cinti da mura.
Il centro del paese era piazza del Mercato, prima largo San Francesco, poi
piazza della Vittoria, per il glorioso combattimento dei montoriesi guidati
dal Conte Camponeschi il 7 maggio 1486 contro il Duca di Calabria, figlio di
Ferdinando d'Aragona, oggi piazza Orsini su cui si affaccia la Collegiata di
San Rocco fatta costruire nel 1527 dalla Contessa Vittoria Camponeschi. Sulla
stessa piazza troviamo il palazzo marchesale Camponeschi-Carafa con portale ed
affreschi all'interno. Attraverso quella che anticamente fu una delle due
porte di accesso al paese si raggiunge il vecchio lavatoio, nel cui pilastro
sinistro è inserito il mascherone, nella piccola piazza detta della Conserva. Percorrendo
via del Forte si raggiunge la sommità del colle dove
troviamo i ruderi di Forte San Carlo, baluardo eretto nel 1686, destinato a
reprimere le imprese banditesche, e mai portato a compimento. Percorrendo le
viuzze del "Colle" si scende verso il centro e raggiunta l'antica
via Beretra e, costeggiando la chiesa di San Filippo, si prosegue verso la
cona della Madonna del Ponte. Al centro del vecchio ponte ci soffermiamo ad
osservare l'antico borgo che, abbarbicato sulla collina si specchia nelle
verdi acque del fiume Vomano. La presenza del fiume ha avuto da sempre
una grande importanza nella vita della popolazione montoriese. Attraversiamo il fiume e raggiungiamo il
Convento dei Cappuccini, complesso di grandi dimensioni costruito nel 1576 e
situato fuori dalla cittadina su di una piccola altura. Ritornando verso
il centro si raggiunge la "Fonte Vecchia" con il suo bel mascherone
settecentesco, inserita in un emiciclo situato nel Quartiere dei Mulini: una
breve salita ci porta in via Urbani, comunemente denominata "Strada di
sotto", e nel percorso ci accompagnano portali in pietra di pregevole
fattura e ci appare notevole la facciata cinquecentesca di palazzo carini, cui
spiccano i due preziosi leoni. Proseguendo
verso la piazza si giunge alla chiesa degli Zoccolanti, datata 1755, ed il suo
annesso chiostro che conserva la struttura originaria nonostante le diverse
destinazioni d'uso che ha avuto nel tempo. In piazza Orsini, oltre alla
Collegiata di San Rocco, troviamo la chiesa di Sant'Antonio, che si presenta
oggi nella veste di un riassetto recente, ma risale almeno al XV secolo. Un
itinerario a Montorio non può prescindere da una visita alle numerose e
suggestive frazioni comprese nel Comune, Altavilla, Brozzi, Collevecchio,
Cusciano, Faiano, Leognano, Villa Maggiore, Schiaviano e Villa Vallucci che si
caratterizzano per la varietà dei centri storici e la ricchezza di tradizioni
che rendono questo territorio così ricco di fascino. Passeggiando per il
centro storico del Comune di Montorio al Vomano ci si accorge della presenza
di numerose strutture di interesse culturale tra cui spiccano le numerose
chiese di notevole pregio storico-architettonico e che rivelano il nobile
passato che questo caratteristico borgo evoca. Tra queste senz'altro merita
una particolare attenzione la Chiesa di San Rocco del 1527 e organo del 1636
situata nella piazza principale del paese (piazza Orsini) e che ha una
facciata composta da due corpi distinti che si raccordano con un leggero
angolo. L'arredo consta di 4 monumentali altari di legno dipinto e dorato
databili tra il XVII secolo e inizi XVIII, con tele di epoca precedente: una
Resurrezione del 1530 e l'Ultima Cena del 1607. Nella sacrestia tra le altre
è conservato un busto reliquiario ligneo e una statua d'argento di San
Rocco. Di notevole pregio anche la Chiesa degli Zoccolanti, situata nel
cuore del centro storico, che si presenta nell'assetto del 1755 ma della chiesa
ci sono testimonianze ben più antiche. La facciata è rigorosamente semplice
e spoglia, l'interno, a navata unica, è arricchito da un organo di legno
dipinto e da 5 altari lapidei con decori e stucchi di stile rococò. Sull'altare maggiore, dove compare lo stemma dei Francescani Minori, è la statua
lignea dell' Immacolata, opera datata 1696. Nel primo altare di destra vi è
un quadro con S. Margherita penitente di ottima fattura. Nella sacrestia si
conserva una interessante tela seicentesca con l'Immacolata e gli stalli
lignei del coro policromo. Attiguo alla chiesa è il vecchio convento dei
minori Osservanti. Questo è uno dei più antichi della regione, considerando
che col titolo di Santa Maria degli Angeli, era stato fondato nel 1294 (in un
luogo diverso dall' attuale) dal Beato Angelo da Cingoli. Il Chiostro è
racchiuso da arcate che conservano, nelle volte, stemmi nobiliari
settecenteschi e tracce di affreschi. Ad occidente oltre il Vomano è
situato il Convento dei Cappuccini con la Chiesa di S. Maria della Salute
fondata nel 1576. La struttura architettonica della chiesa rispecchia le
regole di povertà dei Francescani. La facciata, a coronamento rettilineo, in
cui si apre una finestra ad occhio, è preceduta da un breve portico. La
pianta è a navata unica absidata, fiancheggiata a destra da 4 cappelle e dai
locali della sacrestia dovuti all'ampliamento seicentesco della chiesa
originaria. Sotto il portico sono una serie di affreschi racchiusi entro
riquadri le cui cornici fingono aperture di finestre. All'interno gli altari
lignei risalgono risalgono alla prima metà del XVII secolo. Nell'abside, dietro l'altare maggiore si intravedono tracce di affreschi con dipinti di
eleganti motivi fitomorfi sul fondo bianco. Sul lato sinistro della chiesa è
posto il convento che rivela l'impianto del porticato nel cui centro è
situato un pozzo. Le pareti della chiesa, del convento e dell'orto annesso al
complesso sono in ciotolame di fiume con conci squadrati agli spigoli. Le
coperture a pianterreno sono a volta a botte mentre al piano superiore a
capriate lignee. Accanto alla Chiesa di S. Antonio, nella piazza principale
del paese, è il convento che i Francescani erigono nel 1345; il chiostro ha
archi tompagnati e al primo piano si notano le cornici rinascimentali delle
finestre. All'interno della chiesa sopravvivono arredi del quattrocento e del
cinquecento. Nel 1641 si fonda una cappella nella chiesa di San Filippo, tra
il 1672 e il 1673 è intrapresa la costruzione della casa dei padri dell'
oratorio di San Filippo nell'allora quartiere San Giacomo, luogo della Pieve,
ex convento dei Domenicani. La Chiesa di Santa Giusta venne edificata nel 1681
ed è stata, per secoli, meta di importanti processioni. Sorgeva su una
vastissima area e possedeva vari altari di cui ora rimangono solo misteriose
resta. Per diversi anni fu luogo di sepoltura della città, particolarmente
venerato dai montoriesi.
NEI DINTORNI: Nelle vicinanze
di Montorio, nei pressi del torrente San Mauro, una stradina collinare ci
conduce alla Chiesa di San Benedetto a Paterno, che il popolo chiama San
Lorenzo; ad essa è annesso cenobio benedettino, ove per secoli si sono
avvicendate schiere di monaci laboriosi come li esigeva San Benedetto, loro
patriarca. Nella frazione di Leognano, annessa alla casa che ha dato i natali
a Melchiorre Delfico, filosofo ed economista nato nel 1744, abbiamo
l'opportunità di osservare una piccola chiesa che ci offre uno straordinario
esempio di decorazione, del tutto, inusuale per un luogo di culto. Nella
Chiesa di Santa Lucia di Cusciano troviamo tre altari di pregevole fattura
artistica e sull' altare maggiore si venera una bella statua del Madonna col
Bambino, e ai lati sono due colonne a tortiglione, nello stile corinzio, e
tutte indorate. Attorno all'immagine centrale sono raffigurati i 15 misteri
del rosario, attribuiti ai secoli XV-XVI. Il santuario mariano della Madonna
della Sgrima, sorge sulla vetta della "Sgrima", nei pressi di
Schiaviano, da cui prende il nome. Le origini della chiesa si confondono nella
storia e attribuiscono la nascita della stessa ad opera di un miracolo simile
a quello di Loreto. Per secoli il santuario è stato luogo votivo dei pastori
nel periodo della transumanza.

Palinuro
Frazione
del comune di Centola, a 53 m s.m. alla base del promontorio omonimo. Nei suoi
pressi è stata documentata, dalle vaste necropoli ricche di vasi greci e di
produzione locale tra cui notevoli quelli geometrici policromi, l'esistenza di
un antico centro sviluppatosi in età arcaica. Alla fine del sec. VI a. C. Palinuro
coniò monete in alleanza con Molpa, ma la città sembra scomparire intorno al
500 a. C. o poco dopo. Secondo le leggende, questo piccolo paese incastonato tra
gli scogli del Cilento ha preso il nome dallo sfortunato nocchiero (timoniere)
di Enea, che cadde in mare proprio davanti a queste coste. Oggi Palinuro è un
centro turistico molto noto, un po’ provato dall’intenso sviluppo edilizio,
ma ancora incantevole per lo scenario naturale offerto dal mare e dalle sue
coste rocciose. Sulle scogliere, le più belle della lunga costiera, si aprono
numerose grotte (alcune accessibili solo in barca), tra cui la bellissima grotta
Azzurra, e altre formazioni meno note come la grotta delle Ossa e la grotta
Visco. Omonimo il promontorio su cui sorge, nella costa campana meridionale; il
Cilento. È costituito da rocce calcaree strapiombanti sul mare e si spinge per
circa 2 km nel Mare Tirreno presso le foci dei fiumi Lambro e Mingardo, nelle
quali le acque hanno scavato numerose grotte, come la Grotta Azzurra.

Pisa
Alle
spalle il monte Pisano, all’orizzonte il mare, Pisa capoluogo di provincia
della regione Toscana è attraversata dall’Arno, che sfocia poco distante.
Fondata dai Liguri e abitata poi dagli Etruschi, deve la sua nascita come città
ai Romani, di cui ci resta la pianta a scacchiera della città vecchia. Era
all’epoca urbe lagunare, poiché sorgeva sul mare. Nell’alto medioevo fiorì
divenendo un importante polo di scambi commerciali e potente Repubblica
marinara. Nel XIII secolo la rivalità con Genova, che la portò alla
bruciante sconfitta della Meloria nel 1284, e la continua lotta con le città
guelfe della Toscana, ne segnarono il declino. In seguito, Pisa fu ricca
signoria di Ugolino della Gherardesca, il podestà che ispirò a Dante uno dei
più celebri passi dell’Inferno perché imprigionato con i suoi figli e i
suoi nipoti e lasciato morire di fame nella casa-torre dei Gualandi, visibile
ancora oggi. Ma dopo alterne vicende la città fu conquistata da Firenze, che
per spregio mozzò tutte le case-torri della città, simbolo di potenza e
supremazia, all’altezza della più bassa delle case-torri fiorentine. Pisa
nel frattempo perse il suo porto che si era lentamente interrato. Con le
nobili famiglie dei Medici e degli Asburgo-Lorena ebbe un momento di rinascita
economica e artistica, prima di venir definitivamente annessa al Regno
d’Italia nel 1860. Del suo tanto glorioso quanto complesso passato, Pisa
offre al visitatore i suoi luminosi lungarni, cinti di nobili palazzi
rinascimentali serrati fra loro, una ragnatela di piccoli vicoli medievali, e
la verde Piazza dei Miracoli che riunisce i quattro capolavori del romanico
pisano: la Cattedrale, il Battistero, la celeberrima Torre pendente che fa da
campanile alla chiesa, e il camposanto monumentale.
Piazza del Duomo:
È il massimo complesso monumentale della città. Sulla piazza prospettano la
cattedrale, la torre pendente, il battistero e il camposanto. Non poteva avere
nome più appropriato: Campo dei Miracoli. Perché di un prodigio si tratta,
d’arte e di bellezza, emozionante romanico pisano racchiuso nel 1155 tra
mura all’origine quasi fuori città. Con il Camposanto e lo Spedale Nuovo ai
poli opposti, progettati nel ‘200 da Giovanni di Simone, è continuità
asimmetrica dalla meravigliosa prospettiva. E ancora il battistero, il duomo e
la celebre torre, distinti ma omogenei, costituiscono un ambiente di grande
lirismo, dove si fondono evocazioni del mondo classico, giochi di colore,
omaggi all’Oriente. Li accoglie un suolo già destinato al culto, evocato da
rinvenimenti che narrano di un antico tempio etrusco, là dove oggi i turisti
ammirano lo splendore fatto architettura, spazio e verticalità.
Duomo: È la più
importante testimonianza dell'architettura romanico-pisana, iniziato nel 1064
da Buscheto e terminato nel sec. XII. Il duomo di Pisa può essere definito
come un puro piacere architettonico celebrato da una chiesa, tanto da divenire
scuola, di romanico definito pisano. Dedicato a S. Maria Assunta, eretto su
progetto di Buscheto a partire dal 1073, come ricorda un’iscrizione della
sua facciata, vede danzare sulle sue mura elementi del classicismo,
paleocristiani, d’arte bizantina, lombarda, araba e normanna. Dobbiamo la
facciata a Rainaldo, che la realizzò a doppio spiovente, dove le arcate
cieche dell’ordine inferiore aprono la strada alle loggette ornate dei
quattro ordini superiori. Dalle imposte bronzee dei tre portali le storie
della Vergine e le storie del Redentore danno il benvenuto a chi visita la
chiesa, così come le storie del Nuovo Testamento, incise da Bonanno Pisano
sulla porta di S. Ranieri, schiudono la parte posteriore della cattedrale.
L’interno a croce latina, dall’ampia navata centrale fiancheggiata da
quattro navate laterali minori, ha transetto coronato dalle logge del matroneo
e splendida cupola a forma di ellisse. Molti i suoi tesori; ricordiamo per
tutti il meraviglioso pergamo marmoreo che Giovanni Pisano realizzò nel
‘300 in un evocativo tripudio di simboli e figure, i dipinti di Andrea del
Sarto raffiguranti S. Agnese, Ss. Caterina e Margherita, Ss. Pietro e Giovanni
Battista che insieme a una Madonna col Bambino di Giovanni Antonio Sogliani
decorano le pareti del presbiterio, gli Angeli osannanti e musicanti di
Domenico Ghirlandaio che ornano l’abside e gli episodi del Vecchio
Testamento e storie della vita di Cristo ospitati dalla tribuna.
Torre pendente:
Da sempre dire Pisa è nominare la sua famosissima torre pendente, il
campanile romanico, per la precisione, alta colonna di marmo bianco dalla base
a cieche arcate, sulla quale si impilano sei ordini di loggette, coronati da
una cella campanaria cilindrica. Iniziata su progetto di Bonanno Pisano nel
1173, dopo poco più di dieci anni i lavori furono interrotti a causa del
cedimento del terreno; ripresero con Giovanni di Simone 1275, anche se la
costruzione della torre più famosa del mondo fu portata a termine solo nel
sec. XIV da Tommaso Pisano. Rotonda, alta 55 m, è attraversata da ben 294
scalini che consentono di raggiungere la sua cima, cosa oggi non più
possibile, a causa di un aumento pericoloso della pendenza. Da anni si prova a
raddrizzarla e solo con gli ultimi interventi si è trovato modo di farlo,
lentamente e pazientemente, ma qualora ci si riuscisse... sarà sempre la
stessa?
Battistero:
Anch’esso rotondo, anch’esso maestoso, di fronte alla cattedrale, che lo
separa dalla torre, è il battistero di Pisa, crescendo verticale di decori
sontuosi e linee morbide, culminanti nella cupola piramidale, con in cima una
statua in bronzo del Battista. Il progetto, realizzato a partire dal 1152, si
deve a Diotisalvi, Nicola e Giovanni Pisano. La sua mole marmorea ripete nella
parte inferiore le arcate cieche del duomo e della torre, a guisa di greca
ricamata che corre per tutta la piazza. Tra essa e la cupola, una loggetta con
archi e colonne slanciate, sormontata da cuspidi e tabernacoli di stile
gotico, che interrompono e completano questa splendida opera d’arte.
All’interno dalla navata circolare, con volte sostenute da colonne e
pilastri, sono uno splendido matroneo, un ottagonale e centrale fonte
battesimale, un pergamo duecentesco di Nicola Pisano e diverse figure,
allegoriche e religiose, a decorare archi, capitelli, parapetto.
Camposanto: Una
volta sacro luogo per antiche spoglie, oggi posto d’arte: ecco il destino
del Camposanto, splendido rettangolo romanico, che il Rinascimento ha visitato
conferendogli rinnovamento e conclusione tardo gotici. Sul versante
settentrionale del Campo dei Miracoli mostra marmoree arcate cieche, laddove
all’interno rispondono quattro bracci porticati con archi a tutto sesto
chiusi da quadrifore, a circondare il vecchio e centrale prato di sepoltura. E
in onore a chi qui riposa, ecco le pareti completamente affrescate che
nascondevano sinopie, oggi conservate nel Museo delle Sinopie dello Spedale
Nuovo. Buffalmacco, Taddeo Gaddi, Bonaiuti, Veneziano, Spinello Aretino e
Benozzo Gozzoli hanno realizzato questo capolavoro di pitture murarie e il
loro spirito veglia le salme illustri, aiutato da antichi sarcofagi romani qui
raccolti.
S. Maria della Spina:
Ancora una chiesa lungo il fiume, splendida e decorata costruzione di gotico
pisano, edificata nel ‘300 ampliando un piccolo oratorio preesistente: S.
Maria della Spina. Si trova sul Lungarno Gambacorti, dove fu spostata nel
corso del sec. XIX, pena la perdita di alcune strutture e decori originali.
Nella facciata vi sono guglie, cuspidi, pinnacoli, edicole, una festa di
marmo, dalle sculture d’autore, Giovanni, Andrea e Nino Pisano, ai quali si
unì Giovanni di Balduccio: una copia della sua Madonna col Bambino fra due
angeli campeggia in posizione centrale. L’interno ha una piccola navata che
tre archi separano dal presbiterio. Di nuovo Andrea e Nino Pisano lo decorano:
loro sculture raffiguranti S. Pietro e S. Giovanni Battista fiancheggiano una
Madonna col Bambino a comporre un trittico meraviglioso all’altare.
Palazzo dei Cavalieri o
della Carovana: In età medicea il Vasari trasformò l’antico centro
della città repubblicana nella sede dell’Ordine dei Cavalieri di S.
Stefano, fondato nel 1561 con lo scopo di liberare le coste del Mar
Mediterraneo dall’afflizione della pirateria. Da qui deriva il nome del bel
palazzo che si affaccia sulla piazza omonima, subito a sinistra della chiesa
di S. Stefano. Oggi sede della Scuola Normale di Pisa, di origine napoleonica,
il palazzo dei Cavalieri o della Carovana fu ricavato dall’architetto dal
preesistente palazzo degli Anziani. Più volte restaurato e ingrandito nella
parte posteriore, l’edificio si sviluppa su tre piani sovrastati dal tetto
spiovente. Sulla colossale facciata spicca l’ottocentesca scala a doppia
rampa. La finestra centrale è abbellita da un pregevole stemma
mediceo-stefaniano e nicchie ovali coi busti dei granduchi di Toscana decorano
le finestre vicine.

San
Pellegrino Terme
Centro
prevalentemente rurale, fino agli inizi del secolo, San Pellegrino Terme ha
subito un'autentica trasformazione con la costruzione di ville ed edifici in
stile Liberty: tra la fine dell’‘800 e l’inizio del ‘900, in piena Belle
époque, questo centro termale diventò il più noto e frequentato
dall’aristocrazia bergamasca. Il palazzo della Fonte, edificio liberty del
1905, è il più rappresentativo del paese. Lungo il corso del Brembo (Bassa Val
Brembana è il comprensorio su cui sorge) sono nati grandi alberghi in stile
liberty, ricche ville private, ristoranti e caffè: un insieme che ancora
mantiene tutto il fascino e l’eleganza dei primi anni del secolo. Come in
tutte le città termali, il turismo è favorito dalla presenza di acque minerali
solfato-bicarbonato-alcaline, particolarmente indicate come bevanda nella cura
delle calcolosi, della gotta e dell'iperuricemia, e dall'efficienza delle
attrezzature ricettive, sportive e di svago.

Tursi
Su
un rilievo argilloso, tra le valli dell’Agri e del Sinni, si trova il borgo
agricolo che produce arance, uva da vino, olive, ortaggi e frutta. La chiesa
della Rabatana testimonia nel nome un trascorso saraceno (rabat in arabo
significa “borgo”). L’edificio ha un portale del sec. XIV, mentre
quattrocentesche sono le opere pittoriche custodite al suo interno. Paese di
probabile origine araba, suggerisce al turista la visita ai resti delle
fortificazioni, alla Cattedrale, alle chiese della Rabatana, di S. Filippo Neri
e al santuario di s. Maria d'Anglona. Tursi candida e solenne conserva il
fascino poetico del paesaggio lucano fatto di colori improvvisi, di castelli
leggendari e di cattedrali maestose. Le sue case immerse in verdi colline
profumate di rosmarino e fiori di ginestra si snodano come in un bianco presepe.
I valichi e i burroni che la circondano sono ingentiliti dalla presenza di
vestigia del tempo passato. La personalità volitiva dei suoi abitanti non solo
si esterna nelle sue opere poderose dei contrafforti e dei ponti che legano un
valico all'altro e ingabbiano le timpe ma anche nei prodigiosi giardini dove
splendono gli agrumi che colorano il paesaggio di frammenti solari. Teatro sin
dall'Alto Medio Evo di eventi di grande importanza nella storia del Mezzogiorno,
fu capitale della Provincia Bizantina e punto di aggregazione di una folta
comunità saracena. Pur abitata dai Greci e probabilmente dai Longobardi, Tursi
ha un quartiere: la Rabatana che richiama ad origini arabe e che sovrasta
l'intero abitato. Tursi con la sua storia millenaria serba ancora impercettibili
segreti ad iniziare dalla sua lingua (o dialetto), nota ormai dappertutto ed e'
nella sua complessità, la terra del ricordo che pervade l'opera del poeta
Albino Pierro. Girovagando tra le strette e tortuose viuzze che salgono dal
vociare della centralissima via Roma, sino ai silenzi della Rabatana, si tocca
con mano una storia lunga ed affascinante. L'antica Cattedrale di Santa Maria
Maggiore è ubicata nel borgo antico, in Rabatana: delle strutture medioevali
non resta nulla ma al di sotto della fabbrica settecentesca è conservata la
cripta costruita intorno al IX-X secolo ad opera dei Basiliani. E' costruita da
due cappelle. Nella prima vi sono affreschi di Giovanni Sabatino (1547-1550)
dedicati ai Santi Apostoli ed a Dottori della Chiesa di ispirazione
rinascimentale; vi è un sarcofago con lo stemma di Genova in bassorilievo,
rappresentante il S. Giorgio (dal 1535 infatti, Tursi fu feudo dei Doria); un
altare dedicato a S. Maria Maddalena. Nella seconda vi è un presepe in pietra
di grandissimo effetto costruito tra il '400 e il '500 da Altobello Persio. In
questa chiesa si venera la Madonna dell'Icona, attributo che le deriva da un
trittico del '300 della scuola di Giotto rappresentante la Vergine con il
Bambino al centro ed ai lati S. Giovanni Battista e la Maddalena.
 

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